La belonefobia è il terrore degli aghi che a volte può manifestarsi in forte agitazione o attacchi di panico scatenati dalla presenza di questi oggetti. La belonefobia, nelle forme più estreme, può non essere circoscritta solo alla paura dell'ago della siringa ma allargata a spilli, stuzzicadenti e coltelli a punta. Spesso la belonefobia può essere associata ad altre fobie o disturbi d’ansia direttamente correlati come l’emofobia (paura del sangue), l'algofobia (paura del dolore) e la iatrofobia (paura dei medici).
La belonefobia colpisce fino al 10 per cento della popolazione ed è un disturbo ufficialmente riconosciuto dall'American Psychiatric Association. Si tratta comunque di una di fobia che, nella maggior parte dei casi, si può superare se affrontata con un approccio psicoterapeutico
Molte ricerche nella letteratura medico scientifica hanno dimostrato come la belonefobia sia diffusa nella maggior parte dei bambini ma che, di norma, sia un genere di fobia che si affievolisce con il passare degli anni. Il terrore dell’ago non fa poi differenze di genere: la belonefobia è ugualmente presente tra maschi e le femmine.
La belonefobia è probabilmente il risultato di una complessa interazione di più fattori tra cui esperienze ambientali, come eventi traumatici legati a procedure mediche, e apprendimento, ad esempio osservare un familiare manifestare una forte paura.
Tra i fattori di rischio che possono concorrere al terrore degli aghi compaiono anche gli atteggiamenti iperprotettivi o eccessivamente ansiosi da parte dei genitori, che possono, involontariamente, trasmettere ai figli un senso di pericolo e paura nei confronti di situazioni mediche, inclusa quella delle iniezioni.
La terapia comportamentale per la belonefobia prevede 2 fasi: la prima di riconoscimento del problema e l'approfondimento con tecniche di rilassamento e controllo e, nella parte finale, l'esposizione vera e propria agli aghi, in modo progressivo.
Questo significa affrontare l'ago vis-à-vis: in base alla teoria comportamentale, sono gli stimoli stessi (e in alcuni casi anche le immagini dell’oggetto) che innescano la paura degli aghi a curare la fobia. Questa fase propedeutica dura fino a quando non ci si è abituati agli aghi. A questo punto, si passa all'esposizione a uno stimolo ansiogeno, in un ordine studiato a priori, fino ad arrivare a esposizioni più forti. Sempre secondo la teoria comportamentale, questo è un tipo di esercizio che "neutralizza" la paura dell'ago nel 90-95 per cento dei casi (una buona percentuale!).
Se la presenza di un ago o di uno spillo scatena reazioni incontrollate, un valido supporto è offerto anche dall’utilizzo delle nuove tecnologie digitali di visione: realtà virtuale e realtà aumentata.
Nel primo caso si sperimenta il confronto con l’ago in quello che appare come un ambiente del tutto artificiale (perché simulato da un software) mentre nella realtà aumentata si è proiettati in presenza di un ago in un ambiente immersivo che integra anche elementi della vita reale e, se così si può dire, sembra più autentico.
Se il percorso comportamentale non funziona neanche con le nuove tecnologie digitali (e può succedere) e la paura dell'ago continua a essere forte, nell’ipotesi di dover affrontare un trattamento medico che prevede l’uso di dispositivi pungenti, è consigliabile dichiarare la propria fobia e affidarsi alle soluzioni che verranno suggerite dal personale medico.