Se si osservano i numeri, il triangolo diabete, sovrappeso e ipertensione è reale. Una persona con qualche chilo di troppo, per esempio, rischia la comparsa del diabete di tipo 2 circa 30 volte di più di un individuo perfettamente in forma. A chiudere il cerchio, in questo caso il triangolo, bisogna considerare che il 46% delle persone soggette a obesità è anche iperteso. Quale sia di questi tre fattori quello determinante non è ancora del tutto chiaro. Diabete, sovrappeso e ipertensione a volte sono voci indipendenti l'una dall'altra, altre volte associate in modo asimmetrico come in alcune popolazioni di nativi americani dove si riscontrano obesità e diabete ma non ipertensione. Nel mondo occidentale, è bene sottolinearlo, questa triade è al contrario molto frequente.
Molti studi attribuiscono questo circolo vizioso tra diabete, ipertensione e sovrappeso a un fenomeno che si chiama resistenza insulinica. L'insulina è un ormone che agevola l'utilizzo del glucosio da parte del cervello e di altre parti del nostro organismo. Il glucosio viene trasportato nel sangue grazie all'insulina che stimola una serie di "taxi degli zuccheri" che portano la sostanza in giro per i tessuti del nostro corpo. La presenza di un blocco o di un rallentamento in questa rete di ormoni e recettori viene definita "resistenza" insulinica. Può avere una base genetica o essere dovuta, per esempio, a un'iperattività del sistema nervoso come nel caso di ipertensione.
Numerose ricerche hanno sottolineato come la resistenza insulinica possa avere un'origine evolutiva, cioè essere un prodotto diretto della selezione naturale. In passato l'insulino-resistenza avrebbe garantito agli esseri umani di sopravvivere anche in epoche di carestia grazie a una maggiore efficienza metabolica. È la cosiddetta teoria del "gene del risparmio": gli uomini della preistoria, in altre parole, erano in grado di alimentarsi a sufficienza con poco, proprio grazie alla resistenza all'insulina. Oggi, in una società dove l'offerta alimentare è esuberante, l'insulino-resistenza non ha più effetti positivi sulla sopravvivenza della nostra specie. Al contrario, è una delle principali cause del diabete di tipo 2.