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Bendaggi: una tecnica antica ma attuale

La tecnica del bendaggio ha una lunga storia dietro di sé: da sempre bende e fasce hanno protetto ferite e curato fratture. Pensiamo a quanto antichi siano i primi bendaggi che si conoscono, quelli delle mummie egizie. Certo in questo caso si trattava di fasciature rituali, senza alcuna valenza scientifica. In campo terapeutico il bendaggio fa la sua comparsa ufficiale con Ippocrate, il medico dell’antica Grecia padre della medicina scientifica. Ed è proprio Ippocrate ad aver inventato la famosa “Cappellina", una tecnica di fasciatura del capo ancora oggi utilizzata. I bendaggi sono citati anche nell’Iliade di Omero; ai giorni nostri si parla invece principalmente di bendaggi funzionali e occlusivi. Scopriamo insieme di cosa si tratta.

Il bendaggio funzionale: che cos'è?

Quando sentiamo parlare di bendaggio funzionale magari in seguito a una comune distorsione di una caviglia, è importante sapere che si fa sempre riferimento a una tecnica di immobilizzazione parziale: la singola articolazione viene infatti messa in scarico, sostenuta, compressa o stabilizzata, limitandola esclusivamente nella direzione di movimento dolorosa o patologica e permettendo, allo stesso tempo, al resto dell'articolarità di essere funzionante e esente da dolore. In questo modo si accelerano notevolmente i tempi di guarigione rispetto ai metodi di immobilizzazione tradizionali come l'ingessatura: il bendaggio funzionale favorisce infatti una rieducazione delle articolazioni colpite evitando quel rischio di atrofia muscolare tipico di quando un arto viene interamente immobilizzato. Oggi questo tipo di tecnica è di uso comune soprattutto nell'ambito della traumatologia sportiva.

Il bendaggio funzionale tra terapia e riabilitazione

La tecnica del bendaggio funzionale impiega bende adesive, estensibili o inestensibili a seconda delle esigenze che, combinate opportunamente, garantiscono alle singole strutture legamentose, tendinee e muscolari una protezione concreta da agenti patomeccanici, senza che l'articolarità fisiologica subisca limitazioni. Proprio per questo motivo, i bendaggi funzionali terapeutici sono ideali in tutte quelle situazioni in cui il danno anatomo-patologico è contenuto o addirittura assente. Qualche esempio? Distorsioni e lussazioni, micro-fratture o lesioni muscolari, anche in presenza di gonfiori (in questo caso si parlerà di bendaggi compressivi, per opporsi all'eventuale formazione di versamenti o ematomi muscolari). L'obiettivo finale è sempre lo stesso: raggiungere la guarigione della lesione senza dover ricorrere all'immobilizzazione totale. Il bendaggio funzionale è efficace anche in ambito di riabilitazione post-guarigione, per ottenere un ripristino precoce dell'articolarità e della coordinazione motoria.

La prevenzione si fa con il taping

Un aspetto da non dimenticare è che i bendaggi funzionali possono svolgere anche un'importante azione preventiva. Come? Con il cosiddetto taping - dall'inglese tape, nastro - ovvero un insieme di bendaggi messi in atto generalmente per sostenere i primi allenamenti sportivi che seguono un infortunio, così da proteggere le strutture più vulnerabili e delicate rispetto a predisposizioni e sollecitazioni specifiche. Un esempio classico è il taping alla caviglia di un runner che è chiamato in gara subito dopo essere uscito dai postumi di una brutta distorsione. Il taping funzionale non utilizza alcun tipo di benda elastica, ma solo bende inestensibili di stabilizzazione e cerotti salvapelle che vanno rimossi al termine della sessione sportiva.

I bendaggi occlusivi, guardiani della ferita

Un'altra categoria di bendaggi da conoscere sono i bendaggi occlusivi, utilizzati per proteggere una ferita in via di guarigione. Questo tipo di bendaggi consente infatti di mantenere una medicazione su una ferita senza disperderne neanche una goccia: in altre parole, è come se il bendaggio occlusivo sigillasse la ferita che sarà quindi completamente isolata dall'esterno e soprattutto dalla carica di virus, batteri e altri organismi a cui è potenzialmente soggetta. Viene realizzato con materiali che bloccano l'evaporazione della medicazione e non hanno alcun "effetto spugna" assorbente. Si parla di bendaggio occlusivo anche come risposta al disturbo visivo dell'ambliopia - o "occhio pigro": sull'occhio più attivo viene applicata una benda adesiva o un cerotto coprente, per dare maggiori sollecitazioni proprio all'occhio pigro.

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