La dipendenza da internet: cos’è, chi riguarda, come uscirne.
Nel mare di vantaggi che internet ha portato nelle nostre vite, era inevitabile mettere in conto anche un rovescio della medaglia: la IAD (Internet Addiction Disorder, in italiano “dipendenza da internet”) è una delle patologie che più si sta diffondendo nella nostra società, un trend dimostrato da numerose ricerche recenti e dal forte aumento delle strutture di sostegno dedicate a questo disturbo. Scopriamo insieme di cosa si tratta.
Anche se è principalmente negli ultimi tempi che il problema della dipendenza da internet ha visto un aumento importante (e per certi versi preoccupante) nelle numeriche e nell’incidenza, l’ipotesi che le nuove tecnologie potessero causare interferenze comportamentali nelle nostre vite nacque alla fine degli anni Novanta: in questo periodo gli psicologi, alla luce dei rapidi sviluppi nel mondo dell’informatica, cominciarono a discutere sul rapporto tra gli esseri umani e la tecnologia.
Il primo a sostenere che Internet potesse causare dipendenza fu, nel 1997, lo psichiatra Jerald Block: già da allora Block rese chiaro che le problematiche non risiedono tanto nella tecnologia in sé, quanto all’impatto che questa potrebbe avere sullo stile di vita delle persone.
La dipendenza da internet (Internet Addiction Disorder, IAD), è un disturbo legato all'utilizzo intensivo e ossessivo di internet in tutte le sue forme: dalla navigazione sui social network, alla visualizzazione di filmati, al gioco online. Una forma di abuso-dipendenza dove, con il passare del tempo, aumenta sempre di più il numero di ore che la persona trascorre online, fino a raggiungere la consapevolezza di non riuscire più a sospendere o ridurne l’uso.
La dipendenza da Internet si sviluppa attraverso 3 principali fasi:
- il “coinvolgimento”, dove l’accesso alla rete è stimolato dalla curiosità e dal piacere;
- la “sostituzione”, nella quale il soggetto si immerge nella realtà virtuale a discapito delle normali attività quotidiane;
- la “dipendenza”, dove si osserva una vera e propria fuga dalla realtà quotidiana e dal proprio disagio emotivo.
L’uso della rete diventa, quindi, sempre più assiduo e prolungato, associato a sensazioni di benessere quando si è online e sensazioni di angoscia e sofferenza qualora si sia impossibilitati a connettersi.
SOCIAL MEDIA E INFINITE SCROLLING.
Un comportamento legato ad Internet che cambia inevitabilmente il nostro modo di vivere è l’infinite scrolling, un sistema progettato dai social media per tenerci il più possibile all’interno delle piattaforme, facendoci scorrere post dopo post.
Il meccanismo su cui fa leva l’infinite scrolling è il sistema di ricompensa: trasformare una determinata azione (ad esempio, vedere qualcosa che ci suscita un'emozione) in un bisogno. Un bisogno che i social soddisfano senza sosta.
È inoltre riscontrabile un altro comportamento intrinseco all’essere umano che si manifesta sui social network: il tentativo di avere ogni cosa sotto controllo. Continuare lo scroll ci informa, ci tiene informati, ci aggiorna di qualcosa che prima non conoscevamo. E alimenta l'illusione di essere padroni di ogni aspetto della nostra vita, e delle vite che abbiamo intorno.
PROTEGGERE I PIÙ FRAGILI.
La tematica si fa ancora più complessa quando parliamo di categorie maggiormente sensibili.
Bambini e adolescenti sono attratti da tutte le possibilità che offre il mondo digitale e sono esposti chiaramente a molti rischi, iniziando dalla dipendenza da videogame e Social Network fino a condizioni più estreme come l’isolamento sociale, anche definito Hikikomori, termine giapponese che identifica il punto più estremo del completo distacco dalla socialità.
PARLARNE, COME PRIMO GESTO DI CURA.
È molto difficile individuare il momento preciso in cui l’utilizzo di internet si trasforma in abuso: spesso anzi i sintomi e le sensazioni di disagio si manifestano prima di prendere coscienza del problema, prima di capire che è la rete la fonte di questa instabilità comportamentale.
Dopotutto internet ha una marea di aspetti positivi, e non è facile dirimerli dai rischi di sovrautilizzo: devono essere degli esperti ad individuare l’eventuale problema, e a consigliare rimedi per un utilizzo sano della rete.
La buona notizia? È possibile prendere delle piccole precauzioni per evitare di arrivare a casi-limite: ad esempio limitare il tempo di utilizzo con blocchi (spesso già integrati nel telefono), impedire l’accesso a siti particolarmente insidiosi, prepararsi nell’immediata vicinanza altre attività che distraggano da computer, tablet e telefoni. Anche le istituzioni si sono mosse in tal senso, scegliendo il 22 febbraio come “S-connessi day” – una giornata dove chiudere metaforicamente i nostri apparecchi in un cassetto e tornare a scegliere il dialogo, il contatto e la condivisione “di persona” come primo mezzo di comunicazione.
Quando poi però il problema si estende fino ad interferire con l’umore e la vita sociale, bisogna prendere in mano la situazione e affrontarla con criterio: il dialogo con persone vicine e il consiglio di un esperto sono sicuramente i migliori primi passi che si possono fare. Uscire dall’isolamento e farsi aiutare da un professionista - attraverso una terapia individuale o di gruppo – è quindi la soluzione più consigliata.